Una delle ipotesi sulla nascita di Padula la lega ai Bizantini, i quali avrebbero dato vita al primo nucleo urbano, dopo aver annientato sul finire del IX secolo le bande saracene, che tenevano la Lucania e probabilmente avevano distrutto Cosilinum, l’insediamento romano posto sul colle di fronte (Tortorella 1983).
L’itinerario può iniziare da Porta di S. Antonio o della Chianca Vecchia , che presenta scolpita sullo stipite l’oca simbolo dell’Universitas di Padula. Questo ingresso, fortificato sino a non molto tempo fa da una torre circolare, è un rifacimento cinquecentesco di una porta medievale che faceva parte della cinta muraria, fatta costruire nel 1296 da Tommaso Sanseverino per volere degli Angioini, e di cui rimangono Porta dell’Auliva a sud dell’abitato e alcune torri inglobate nelle abitazioni.
Dalla Chianca Vecchia si prosegua lungo via dell’Indipendenza. Superato lo slargo con una ampia scalinata, se si prende la strada in discesa si raggiunge la Casa-Museo Joe Petrosino 2, il poliziotto emigrato negli Stati Uniti che morì lottando contro la mafia. Se invece si sale percorrendo via lungo dei Greci, ci si imbatte alla fine della strada in un’edicola con un affresco rappresentante la Madonna Odigitria ovvero “che guida il cammino”, secondo l’iconografia della Vergine che mostra il cammino ai fedeli, cara alle genti orientali. Il dipinto, che faceva probabilmente parte di una cappella qui esistente, è databile al XV secolo e pur nello stile del tempo si attarda in particolari stilistici bizantineggianti - le occhiaie segnate, il modo di rappresentare l’aureola di Gesù, il trono rivestito in damasco – ad imitazione di ben note icone orientali.
Poco più avanti nel nucleo originario di Padula, dalle stradine strette e tortuose, si trova la Chiesa di S. Nicola de Donnis o delle donne . L’appellativo è spiegato per la presenza, ricordata dalla tradizione popolare, di un annesso istituto religioso femminile, oppure come storpiatura del termine de Domnis ovvero “dei Signori”, che avrebbero avuto un qualche ruolo nella storia della chiesa. L’edificio, recuperato di recente da uno stato di totale abbandono, ha una particolare importanza architettonica per l’intera Italia meridionale.
Generalmente viene distinto in due fasi (seppure c’è chi pensa ad un unico momento costruttivo, Miccio 1989): nell’alto Medioevo fu realizzato l’attuale presbiterio, coperto da una cupola e costituito da tre corpi semicilindrici e dalla cripta sottostante, che si configura come un vero e proprio martyrium (sepoltura di santi o dello loro reliquie sul modello orientale).
Tra il IX e il XII secolo fu aggiunta, ad una quota più bassa e separata dall’iconostasi, l’aula rettangolare, a cui si accedeva originariamente da una porta presente sul prospetto principale, poi chiusa nel ‘700 quando fu aperto l’ingresso laterale sulla piazzetta. I lacerti di affreschi duecenteschi dall’iconografia di matrice bizantina rappresentano una Teoria di Santi (parete laterale) e la Presentazione di Gesù al tempio (iconostasi), animata da un senso narrativo proprio della cultura locale.
Continuando a salire si trova Santa Maria della Civita un’antica chiesa, oggi trasformata in una curiosa abitazione privata con abside, fondata dai primi Padulesi, che affermarono con tale appellativo il legame ancora vivo con la civitas abbandonata di Cosilinum.
Gli anziani del rione ricordano come l’abside fosse decorata da un ciclo pittorico, che fu ricoperto da intonaco quando l’aula fu trasformata in abitazione. Imboccando vico 1º Municipio ai piedi del trecentesco Convento di S. Agostino , oggi sede del Comune, si possono vedere sulla destra i ruderi di Palazzo Sanseverino di cui rimane la facciata merlata con lo stemma della famiglia.
Più avanti la Chiesa di S. Clemente, di origine duecentesca fu profondamente ristrutturata in seguito al terremoto dell’800.
Scendendo su corso Garibaldi al civico 49 di fronte alla Cappella della Madonna del Carmine, murato nella parete di una casa vi è un bassorilievo, forse appartenente ad un cofanetto, con scolpiti tre episodi tratti dalla Genesi.
A sinistra è rappresentato il Peccato originale, a destra il Sacrificio d’Isacco, mentre al centro vi è una scena di interpretazione problematica (forse l’annunciazione a Sara, moglie di Abramo, da parte dei messi divini, della sua prossima maternità).
Questa scultura è stata posta sulla scia della tradizione plastica bizantina, datandola tra XI e XIII secolo e considerandola ulteriore prova della circolazione di questa cultura a Padula fino ad epoca tarda (Tortorella 1983).
Il rione Croce, che si sviluppa a nord-ovest del castello, dal tracciato ben più regolare rispetto alla parte antica della cittadina, è frutto di un ampliamento settecentesco, quando Padula si ingrandì e si ammodernò secondo le tendenze barocche dell’epoca, come molti centri del Vallo.
Non dobbiamo dimenticare che proprio qui si formò la nota scuola di scalpellini che operò nella Certosa di S. Lorenzo ed impreziosì le case del proprio borgo, plasmando la pietra locale in fantasiosi elementi decorativi.
Nel rione Croce di fronte a Palazzo Romano vi è la Cappella di S. Maria di Costantinopoli 8, fondata dalla famiglia nel 1772 ed abbellita con stucchi e con una tavola lignea raffigurante la Madonna.